Il Senato ha votato questa settimana il disegno di legge delega che affida all’esecutivo il compito di riscrivere completamente il Codice degli appalti. Il provvedimento, votato con 184 sì, 2 no e 42 astenuti, contiene numerose novità; dopo l’esame della Camera, il relativo decreto delegato dovrà essere varato entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge. Per comprenderne il profondo significato politico bisogna anzitutto considerare che questa iniziativa autorizza il governo ad adottare un decreto legislativo per l’attuazione di tre direttive europee, riguardanti l’aggiudicazione dei contratti di concessione, gli appalti pubblici e le procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino complessivo della disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Questo vuol dire che a caratterizzare il provvedimento è un auspicato percorso di integrazione tra le nostre leggi e il più avanzato diritto europeo, un percorso fondato sugli obiettivi dell’efficienza e della moralità dei comportamenti degli operatori pubblici e privati. Tra i punti principali che questo provvedimento introduce vanno sottolineati gli aspetti che rafforzano il sistema dei lavori pubblici, un settore chiave per la concorrenza e per l’economia italiana ed europea, in termini di legalità, semplificazione, certezza dell’esecuzione dei progetti. Rafforzando i poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, mettendo al centro la trasparenza, la riduzione e qualificazione delle tante (troppe) stazioni appaltanti, il nuovo sistema sarà uno strumento in più per contrastare i fenomeni corruttivi. Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità stessa, aveva dichiarato lo scorso aprile: “il codice degli appalti è la vera legge anticorruzione, il disegno di legge va nella giusta direzione, la scelta di fondo è chiara: mettere in campo una regolamentazione snella e utilizzare i cosiddetti poteri di soft power”. Ero d’accordo con quella visione, e ancora di più lo sono oggi alla luce di quanto votato in Aula. Si vieta l’utilizzo della procedura del massimo ribasso per le gare di progettazione, il che vuol dire che per l’aggiudicazione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, verrà utilizzato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, misurata sul miglior rapporto qualità/prezzo, regolando i casi e le soglie di importo entro le quali è consentito il ricorso al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta, nonché favorendo l’esclusione delle offerte anomale, con particolare riguardo ad appalti di valore inferiore alle soglie comunitarie. La semplificazione degli oneri documentali a carico dei soggetti partecipanti agli appalti è un altro dei cambiamenti introdotti dal provvedimento, che in questo modo non solo favorisce un migliore impatto dei controlli e della tracciabilità in tutto il percorso degli appalti, ma mette anche le stesse imprese in una condizione di migliore competitività sia rispetto agli standard qualitativi che nei confronti di chi non rispetta le regole. A rafforzare la trasparenza e la legalità, poi, altri due strumenti: il conto dedicato per le imprese che si aggiudicano appalti pubblici, rafforzando la tracciabilità di tutti i flussi finanziari, e la premialità per quelle che denunciano le richieste estorsive: due provvedimenti che potrebbero risultare determinanti sia in termini di contrasto dei fenomeni corruttivi che del riciclaggio. Non solo, ma l’innovazione di questo provvedimento è anche fortemente caratterizzata dalla valorizzazione sociale ed economica delle singole realtà territoriali, prevedendo, da un lato, la tutela delle esigenze di sostenibilità ambientale, e favorendo quelle imprese in grado di impegnarsi nell’esecuzione lavori utilizzando anche in parte manodopera a livello locale e, dall’altro, prevedendo forme di dibattito pubblico con le comunità locali interessate dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali. Se dunque la chiave di lettura di questo provvedimento riguarda soprattutto una rinnovata volontà politica nelle azioni di contrasto e prevenzione della corruzione e dell’illegalità diffusa, è anche vero che esso investe un più ampio progetto di futuro, volto a non ripetere gli errori del passato e a non arrendersi all’idea che nulla si possa cambiare. Si tratta, in questo senso, di una riforma economica e sociale a tutti gli effetti, con cui potremo risparmiare, al nostro Paese, vicende di malaffare come quelle per Mose, Mafia capitale, o Expo, per citarne alcune, vicende dai costi enormi sotto tutti i punti di vista: malaffare, penalizzazione della leale concorrenza, scarsa fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nei rappresentanti della classe dirigente, inefficienze macroscopiche delle nostre infrastrutture, costi enormi della macchina burocratica e di quella giudiziaria. Come ho sempre sostenuto, è un terreno, quello della legalità, su cui il Partito Democratico può rappresentare veramente un punto di svolta rispetto al passato, come dimostra quanto fatto finora con la legge anticorruzione e quella sul voto di scambio, con l’introduzione dell’autoriciclaggio e con le pene sugli ecoreati, con il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari condannati per mafia e con la stessa riforma della Pubblica Amministrazione. Forte del proprio codice etico, dei processi decisionali e organizzativi interni e delle grandi energie investite per riformare il Paese e il nostro ruolo in Europa, il Partito Democratico sulla legalità non si dovrà limitare a giocare una partita di parte, ma dovrà realizzare il riscatto dell’intero Paese in nome dell’etica e della responsabilità. Siamo in grado di farlo e dobbiamo valorizzare i risultati positivi ottenuti in questa legislatura. Saper valorizzare questo aspetto, anche alla luce degli ultimi risultati elettorali, sarà fondamentale anche per rafforzare, nell’opinione pubblica, l’idea di un Pd che non si rassegna all’immobilismo né al catastrofismo, ma che sa aprirsi al futuro senza temere il cambiamento. |