Su L’Unità di oggi un mio articolo sulla riforma delle adozioni.

Su questo tema ho presentato anche un Ordine del Giorno, firmato da altri senatori e senatrici, in cui si impegna il Governo:
a valutare l’opportunità di modificare, entro il 2016, l’intera disciplina relativa al diritto del minore alla famiglia consentendo alle coppie composte da persone dello stesso sesso l’accesso, oltre che all’adozione in casi particolari, anche all’istituto dell’adozione piena e legittimante, nella consapevolezza che il ricorso a tale istituto si configura quale unico reale strumento di contrasto all’utilizzo della pratica della maternità surrogata;
ad adoperarsi al fine di rendere accessibile l’adozione piena e legittimante di cui all’articolo 6, in aggiunta alle coppie dello stesso sesso, anche alle coppie stabilmente conviventi, nonché ai singoli, provvedendo contestualmente ad una semplificazione e ad uno snellimento della complesse procedure ivi previste.

Riformare le adozioni per dare una famiglia a ogni bambino.

Così ho risposto durante il dibattito in aula sul DDL Cirinnà a chi sosteneva che attraverso questa legge si stesse aprendo alla gestazione per altri/e e che sarebbe così aumentato il ricorso ad una pratica che vogliamo contrastare laddove nasconde una mercificazione del corpo delle donne, uno sfruttamento, e non rispetta la libertà e l’autonomia di ogni donna.

Il nostro interesse è, infatti, quello di tutelare sia i bambini e le donne nella loro integrità e dignità, e la stepchild adoption va in questa direzione, garantendo, tra minore e partner del genitore biologico, una stabilità affettiva e giuridica, affidando responsabilità all’adulto e diritti ai bambini, previa verifica del giudice sull’insieme delle condizioni di congruità come prevede la legge 184 per le adozioni speciali e già avviene per le coppie eterosessuali.

I bambini, abbiamo detto, sono la nostra priorità, e questo ci spinge a muoverci anche su un altro tema che incrocia i diritti dei minori, tutti, ed una reale alternativa alla scelta di ricorrere alla GPA sia per le coppie sterili eterosessuali sia per le coppie maschili omosessuali: le adozioni.

E’ evidente, infatti, come il modo migliore per limitare l’utilizzo della pratica della gestazione per altre/i – cui ricorrono per più dell’80% coppie eterosessuali – e per garantire al contempo un contesto di crescita più sereno ai bambini soli, sia una riforma della legislazione sulle adozioni.

Il risultato della normativa attualmente in vigore è, infatti, che in Italia, ad oggi, ci sono quasi 35.000 minori “fuori famiglia”, cui non siamo in grado di offrire un percorso per esservi inseriti, a fronte di un numero ben maggiore di potenziali adottanti.

Che sia urgente una riforma della legge 184/1983 è stato reso evidente anche dalle conclusioni cui giunse ormai tre anni fa, al temine della scorsa legislatura, la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza approvando il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sull’attuazione della normativa in materia di adozione e di affido.

Siamo convinti che serva urgentemente una revisione generale delle norme sulle adozioni, per renderle più accessibili, celeri, semplici e trasparenti per le famiglie che non possono avere figli ma hanno voglia di crescere un bambino. Famiglie che saprebbero senz’altro offrire una qualità di relazione e un affetto uguale a quello dei genitori naturali, senza ricorrere alla gestazione per altri/e né perdersi in un percorso ad ostacoli che spesso scoraggia chi vorrebbe vivere l’esperienza della genitorialità ma non può avere bambini biologicamente propri.

Ecco perché, assieme ad alcune/i colleghe/i, abbiamo depositato un ordine del giorno in relazione al DDL Cirinnà, che impegna il Governo ad una revisione del tema, con tempo e risorse adeguate, che porti ad una riforma completa dei meccanismi di adozione entro il 2016.

In questi anni le domande di adozione, sia nazionali che internazionali, sono, infatti, diminuite di molto, per la complessità delle procedure e le lacune della normativa vigente, che scoraggiano i potenziali genitori.

Ma non solo: sono ostacoli all’adozione anche la forte disomogeneità territoriale dei servizi all’infanzia e le reti assistenziali che si occupano di seguire l’iter dell’adozione, così come i criteri che stabiliscono quali sono le persone che possono accedere a questo istituto, oggi solo coppie sposate che rispettano i requisiti previsti.

35.000 bambini “fuori famiglia”, malgrado tantissimi adulti esprimano un desiderio di assumersi oneri ed onori di una genitorialità che non può essere soddisfatta “naturalmente”, sono molto più che un numero: rappresentano una responsabilità enorme per tutti noi.

Modificando quella legge, potremmo offrire loro la cosa più preziosa che possano avere: affetti, attenzioni, cure e vita in una famiglia.

Bisognerebbe, quindi, superare l’estenuante complessità delle pratiche burocratiche che portano all’adozione, garantire risorse e sostegno a chi voglia intraprendere questo percorso, andare oltre l’idea della famiglia tradizionale come unica idonea ad adottare anche perché la famiglia tradizionale per come immaginata fino ad oggi non è più la sola se pensiamo che secondo il rapporto ISTAT del 2014 5 milioni di coppie sono senza figli, il 37%, e nel 23 % delle famiglie italiane con figli c’è un solo genitore.

In questo senso bisognerebbe aprire una riflessione per allargare questa possibilità alle coppie non sposate ma conviventi, sia etero che omosessuali – su quest’ultimo punto molte obiezioni sono fugate dalla giurisprudenza europea e da quella di Cassazione che ha , ad esempio, affermato che alla base dell’impossibilità di ricorrere all’adozione per le coppie omosessuali, “non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso” -, e ai single, come peraltro già previsto dalla Convenzione Europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo nel 1967.

Aprire una discussione di merito su questo, dopo aver approvato la legge 2081, sarebbe il modo migliore per tenere insieme, davvero, la volontà di tutelare i minori dalla solitudine e le donne dalla mercificazione del proprio corpo.

Per noi che abbiamo la responsabilità legislativa è giunto il momento di dare risposte a chi nutre un desiderio di genitorialità, per donne e uomini, legittimo e da ascoltare, da supportare, per evitare che ci si rivolga in altri Paesi a pratiche che vogliamo fermare dove sono lesive della dignità, dell’autonomia e della libertà delle donne.

La priorità è dare tutele ai più piccoli: per questo serve dare loro una famiglia e un contesto affettivo positivo e sereno in cui crescere.